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Si scrive #Tdays, si legge place branding

on settembre 23 | in tweet | by | with Commenti disabilitati su Si scrive #Tdays, si legge place branding

Ancora non basta, ma è chiara l’inversione di tendenza.

Dopo anni in cui Bologna è stata comunicata solo attraverso criticità, finalmente una iniziativa con un nuovo approccio che, udite udite, definisco progettuale.

Già, a Bologna si intravede un progetto.

Per chi non sapesse, il Tdays (lo metto al singolare perchè per me è un marchio) gli scorsi 17-18 settembre ha visto la chiusura della maggiori strade del centro: via Indipendenza, via Rizzoli e via Bassi, che appunto formano una T, erano chiuse al traffico con la possibilità da parte degli esercizi commerciali di non pagare l’occupazione del suolo pubblico.

Ma c’è dell’altro visto che il Tdays ha visto più azioni concordate: per esempio c’erano molte iniziative che rientravano nella settimana europea della mobilità, in centro si inaugurava la strada del jazz, nel cortile del Comune c’era un mercato a km 0.

Camminando senza meta, era facile trovarsi di fronte ad una offerta culturale che sembrava lì ad aspettare qualcuno o qualcosa. Jazz o cricket in piazza? Buskers o musei?

Un pò di cose le trovate sul sito web dedicato ma di fondo c’è che Bologna sembrava tornata in Europa perchè l’idea di un’azione di marketing territoriale al passo coi tempi, è stata tangibile.

Che sia arrivata in città la lezione di Anholt?

Direi che non si aspettava altro, visto il successo dei 60 mila accessi.

Come professionista del mondo della comunicazione, sempre pronto ad aprire connessione tra il dentro e il fuori, mi soffermo sul contest e sul brand lanciato. Con alcuni “ToDo”.

La centralità della tag #TDays è stato il nodo attraverso il quale poter partecipare alla costruzione dell’identità dell’evento: da flickr a twitter, finalmente anche Bologna lancia un sasso.

Di fatto esiste un distretto social bolognese: mancava uno sprint istituzionale. Fino al Tdays

Il risultato percepito è per ora positivo ed è comunque frutto di quell’idea di condivisione che trova linfa sia in rete sia nella Bologna in cui tutti ci si conosce.

Non solo on line.

Aprire alla partecipazione di chi vive e ama Bologna, fruendo e producendo offerte culturali, spesso con cambi di posto, è il primo passo: come d’altronde ripetiamo a TagBoLab, un’azione di marketing territoriale ha come primo target i cittadini del territorio da promuovere.

Se il “marchio” non è riconosciuto dai primi protagonisti, come fare ad alimentare la diffusione del messaggio?

La foto viene da qui.

Come accade ogni anno al fuori salone del mobile milanese, dove chiunque si occupi design in quella settimana può alimentare il brand, e in qualche modo impossessarsene, organizzando eventi o progetti in linea con gli obiettivi e gli stili dell’evento, anche nei Tdays, come un progetto open source, c’era una parte di codice aperto a cui chiunque poteva apportare modifiche creando così le premesse per un marketing territoriale partecipato.

Alimentarsi dei racconti e delle nicchie, viralizzarsi attaverso i rigoli dei social media fino ad aprirsi al co-design quindi, ma quale strategia adottare per andare oltre e posizionarsi nei mercati globali?

E’ evidente che, sia a livello nazionale che a livello internazionale, contando sul fatto che a Bologna Rynair e Trenitalia portano migliaia di turisiti, per ora troppo di passaggio, si può fare di più.

E l’Università? Quanti hanno studiato qui? Quanti hanno racconti di prima mano relativi alla Bologna studentesca?

A Bologna ci si passa e l’obiettivo deve essere quello di comunicare una città accogliente e su misura, sempre pronta a sorprenderti. Perchè di offerte culturali ce ne sono per tutti i gusti.

Di fronte alla crescente competizione territoriale e alla mancanza di fondi, puntare su una rivitalizzazione del brand cittadino è una scelta obbligata.

Puntare sul racconto territoriale di particolari eventi può essere una parte delle risposte, come evidenziato in più passaggi anche su “Viaggi in rete“, ma non è tutto.

Serve una strategia che metta assieme ricettività, grandi eventi (basti pensare alle fiere), la coda lunga degli eventi cittadini, le eccellenze culturali e l’Università: Bologna ha un substrato di energie che hanno resistito a questi anni, ma come fare a creare un percorso di “empowerment cittadino”?

Mi vengono in mente tre quattro mosse:

catalogare: un pò come l’idea di TagBologna, perchè non ci contiamo? Una mappa prodotta dal basso con al centro Bologna e la produzione di attrattività culturale con chi fa cosa, quando, come, presenza social…partendo da quella fatta da TagBoLab ormai due anni fa.

open data: mettiamo tutto on line. Bologna, e lo dimostrano questi ultimi anni, ha energie nascoste: proviamo a farle uscire mettendo sul tavolo i dati che abbiamo e che non usiamo. Di sicuro avremmo delle sorprese. E se non ciò non accedesse, la trasparenza è comunque un valore che darebbe lustro al brand cittadino.

storytelling: valorizziamo chi racconta Bologna. Dal motor show a gender bender passando per il tortellino, diamo valore alle differenze attraverso la produzione e valorizzazione di racconti. Diamo voce ai protagonisti della vita culturale cittadina.

non esageriamo: i 3 punti precedenti, messi assieme, possono essere elementi qualificanti. Ma i rischi delle operazioni di sintesi da parte delle PA troppo spesso si rivelano essere controproducenti. Pensiamo ai portali per centralizzare le pronotazioni alberghiere..cerchiamo di aiutare ma, sopratutto, non ostacoliamo chi già è attivo.

Il percorso è iniziato ed ora serve una strategia che riposizioni Bologna in Europa:  finalmente i bolognesi si sono sentiti contenti della propria città per una volta allegra, aperta e disponibile a cambiare.

Solo così, possiamo essere attrattivi.

Perchè (non mi stancherò mai di ripeterla) riprendendo una frase della giornalista Gabanelli:

E’ la gente normale a rendere questa città speciale”.

Dopo questa mia riflessione da professionista, mi spoglio e, da bolognese, dico: è stato bellissimo!

Aggiungo 4 twittate che valgono più di mille parole.

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