La partecipazione degli utenti-cittadini è da sempre mio pallino: quando mi occupavo di cittadinanza attiva e di bilancio partecipativo, la mia priorità era l’engagement dei cittadini.
Poi venne il web 2.0 a offrirmi, su un piatto d’argento, nuovi strumenti.
Vado al sodo: Nichi Vendola è sicuramente uno dei politici italiani più attivi su web.
Il suo sito web nichivendola.it credo sia un esempio da seguire: con il personaggio al centro, è il nodo di ogni sua attività politica.
Ovviamente è da sottolineneare l’uso dei social media, facebook e twitter in primis, seguitissimi anche se l’impressione è che non ci sia dibattito e che siano usati in ottica top down.
Poi sinistraeliberta.eu, il sito ufficiale del partito Sinistra Ecologia e Libertà e fabbrica.nichivendola.it, nodo delle cosidette fabbriche, i laboratori territoriali “Nichi”.
Da una parte l’istituzione politica e dall’altra i movimenti informali nati attorno all’energia e al carisma del leader politico: ovviamente apprezzo la mappa con geolicalizzati i vari lab, anche se non è evidente quale tipo di rapporto ci sia tra la base e il vertice.
Ma questo post non nasce come analisi della comunicazione politica di Vendola che, ripeto, trovo che sia uno dei politici italiani più attivi su web.
Da pochi giorni è on line ceunitaliamigliore.it, progetto che trovo illuminante ma che mi vede molto critico.
Credo diverrà uno dei nodi della campagna elettorale vendoliana che vedrà il suo apice a primavera del 2011: questa la presentazione.
“C’è qualcuno che crede nelle bacchette magiche, c’è qualcuno che pensa alla rivoluzione, c’è chi, sconfortato, si è già arreso da tempo. E invece noi sappiamo che basta saperla trovare, basta darle fiducia, basta aiutarla ad alzare la testa, ma per fortuna, un’Italia migliore c’è”.
L’idea è di ospitare i pezzi dell’Italia migliore, attraverso un processo tipicamente in crowdsoucing, cioè attraverso il quale gli utenti contribuiscono con propri contenuti.
Sul blog di Giovanna Cosenza, è stata pubblicata una mail dello staff che così spiega il progetto:
“La parte più interessante, però, è che chiediamo agli utenti di intervenire direttamente e di raccontare la loro Italia migliore. Ognuno può creare il suo pezzo di stoffa, portando la sua issue e il suo contributo, per ricucire la società e costruire l’Italia migliore a cui aspira.
Il meccanismo è molto semplice e intuitivo. Ed è anche divertente, perché ognuno può scegliere il colore che preferisce, l’icona da mettere sul manifesto, e può allegare contenuti diversi (video, foto, slide, o altro) per meglio spiegare la propria frase.
Di solito la comunicazione politica, e l’attività politica tout court, sono condotte secondo il principio del top down. Per dirla con Berlusconi: “ghe pensi mi”. Da qui la diffusa tentazione alla delega, l’idea che un “One man band” possa risolvere tutti i problemi del paese”.
L’idea di coinvolgere gli utenti nella cogestione, e quindi nella progettazione, è la base del crowdsourcing.
Il progetto mi ricorda molto l’idea dei post it di Bertonotti e, come evidenziato, chiunque può proporre il suo “pezzo di stoffa”.
Il succo del disorso è: ok, ti lascio il mio messaggio, ma poi?
Che succede a tutti i dati? Hanno un senso?
L’esempio di la Toscana che voglio sembra essere ormai la pratica (spero di essere smentito).
Da professionista della comunicazione su web e appassionatodei progetti in crowdsoucring infatti, ho lasciato anch’io il mio pezzo di stoffa, disponibile qui, e che embeddo:
Terminando con un punto di domanda, era chiaro il mio intento e infatti nessuno ha risposto!
Evidentemente non c’è nessuno che legge i commenti.
“Prima mi chiedete un contributo e poi non mi fai sapere più nulla?”.
Ecco, detta così direi che è un pò la morte del crowdsourcing.
La folla partecipa attivamente perchè ha la speranza (o illusione?) di essere parte fondamentale nel processo che porta alle decisioni.
Invece così, tutto il processo si limita alla cosidetta fuffa 2.0: ti chiedo un tuo contributo come segno di riconoscimento, che dovrebbe essere reciproco, così da poter presentare il tutto come “innovazione dal basso” da contrappore al modello “ghe pensi mi”.
Ma poi non accade nulla.
Scatenare aspettative senza corrispodere azioni concrete è troppo facile e può creare un effetto domino, sopratutto se l’attore principale gode di un’attenzione notevole come nel caso in questione. Ecco, questo a me non piace e credo che scateni una disaffezzione, se non disillusione del web come strumento che permette una partecipazione affettiva e monitorabile.
Come ben sanno le agenzie e gli enti che gestiscono progetti in crowdsourcing, lo sforzo per gestire le informazioni generate dagli utenti è notevole.
Chiedete a TurismoemiliaRomagna con il loro “adottaunaparola”, oppure agli studenti di TagBoLab, per citare progetti a me molto vicini.
Comunque, da ottimista quale sono, spero di essere smentito e spero che tutti i commenti vengano immessi in un database che portino a Vendola una range di tag e di idee che siano la base, o parte di essa, delle sue proposte politiche.
Chiudo portando un pò ottimismo grazie ad alcuni link che riguardano il mondo della politica su web.
– Ultima proposta di Cameron: nonostante il titolo a dir poco offensivo di La Repubblica “Vota via internet la tua legge” Cameron inaugura lo stile X Factor“, il progetto conferma il sempre maggior coinvolgimento delle community on line.
“Per recuperare i consensi perduti a causa dei tagli al Welfare, il premier David Cameron lancia l’e-petizione popolare sul web, e assicura che una proposta sottoscritta da almeno 100mila cittadini sarà discussa dal governo, avrà una corsia preferenziale e verrà trasformata in disegno di legge. Nessuna garanzia di approvazione, ma di attenzione sì”.
Certo, c’è bisogno del filtro finale, come per ogni attività on line, ma la direzione è chiara.
-Poi cito la Presidente della Provincia di Ferrara Marcella Zappaterra e il suo uso di twitter: a volte basta veramente poco per comunicare bene!
-Per finire pensiero democratico “un movimento che coinvolge cittadini, politici e amministratori pubblici in iniziative che producono cambiamenti concreti. Nessun corteo né proteste fini a se stesse, ma progetti scelti, costruiti e realizzati insieme”. Attraverso un ” Parlamento individua le priorità su cui lavorare. L’attività si svolge interamente online, con un meccanismo semplice e accessibile: è sufficiente registrarsi e si diventa membri dell’assemblea con diritto di parola e di voto”.
Complimenti davvero a tutto lo staff sia per il linguaggio, che, sin dalle presentazioni, si rivela “umano”, e sia per il progetto: l’idea di partecipare per davvero deve trovare un riscontro reale, altrimenti non resta che un dominio web pieno di dati che scadranno presto.
2 Responses
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(avevo visto il post poco prima della vacanzina e m'ero ripromesso di rispondere al ritorno) Complimenti per il post! è curioso che anch'io come prima reazione al sito, proprio trovando affatto gradevole l'applicazione, ero tentato a scrivere qualcosa del tipo "c'è un'Italia migliore che vorrebbe votare i manifesti migliori" (anche così per vedere se qualcuno di questi lo si poteva vedere cartaceo durante la campagna elettorale); l'impressione che ho avuto è stata quella di visualizzare il crowdsourcing nella stessa modalita del lifestream, il che impedisce la possibilità di una visione d'insieme, una visione collettiva che, in questa fase, è delegata all'individuo Niki – del resto veramente bravo nel fornire tratti appassionati di una forma condivisa. E' anche il problema dei commenti sui blog che diventano un dispiego energetico enorme per ogni singolo post (a me spaventa quando vedo 3.000 commenti per un singolo articolo) e di cui non si fa nulla perché semplicemente registrano l'interesse per un tema, secondo una temporalità compressa alla quotidianità o appunto al lifestream (tanto varrebbe un like – magari non di proprietà di FB). La questione dei dati che poni è quindi secondo me vicina ad alcune sollecitazioni che vengono dal movimento Open Data, nella richiesta (culturalmente non so se dire troppo avanzata, o addirittura utopica – meglio, u-itala, ahimè – eppur necessaria) di standard, di relazioni strutturate, di forme riconoscibili e condivise che permettano appunto il riuso. Politicamente riusare, significa riorganizzare, indicare anche in internet un tempo che non si schiacci su un presente posticcio che elide il futuro da ogni immaginario. Questo è anche il refrain del messaggio politico di Vendola che dovrebbe essere declinato anche in tutte le sue iniziative online (salvo appunto restando come Vendola e il suo staff siano tra quelli che maggiormente insistono su internet per le loro attività). Buon anno!
Grazie stexbell, mi fa piacere che tu condivida il rammarico. Il nodo, come dici tu è niki che, per quanto abile possa essere, rimane leader a cui affidiamo decine, se non centinaia, di messaggi che invece di rimanere, e cadere, nel lifestream, potrebbero fornire dati. L'open data diventa così un miraggio. Altro guaio è che sia proprio uno dei più abili politici su web a non mettere a frutto l'entusiasmo che è capace di scatenare. Ti dirò poi che a questa conversazione sarebbe bello che partecipasse anche qualcuno dello staff di niki ma, forse, non monitorano le conversazioni…di male in peggio!