Ho scritto un libro perché penso che sia utile raccontare storie reali, vissute, di assemblee, comunità, attivisti, nuovi modelli di mutuo aiuto.
Ho scritto un libro non su una riflessione generale della partecipazione dei cittadini, ma sull’esperienza inedita e concreta che ha permesso alle persone di partecipare, come è accaduto davvero in tutti i quartieri di Bologna, a Borgo Panigale, a San Donato, a San Vitale, a Navile, Savena, Santo Stefano, Porto-Saragozza.
Ho scritto un libro perché in questi anni di lavoro ho incontrato tanti uomini e donne, ragazzi e ragazze con una incredibile energia e voglia di cambiare la città.
Ho scritto un libro perché è urgente mettere in campo nuovi strumenti per riavvicinare la politica alla creatività delle comunità.
Ho scritto un libro per raccontare metodi, strumenti e conflitti, discussioni, fallimenti e apprendimenti dopo 4 anni di lavoro.
Ho scritto un libro perché quanto avviato con l’Ufficio Immaginazione Civica sia da stimolo.
Ho scritto un libro perché in tanti hanno sfiducia verso le istituzioni, lo dicono i dati e lo sanno bene tutti coloro che lavorano per fare politiche pubbliche, ma ci sono spazi per cambiare le cose. Ma dobbiamo dirci con franchezza che serve cambiare. Serve parlare di potere (quanto potere hanno realmente i cittadini?) e di empatia (solo con l’ ascolto possiamo ricostruire fiducia); di prossimità (come spazio in cui si possono trovare risposte più adeguate alle differenze e ai nuovi bisogni, in cui è necessario mettere insieme competenze diverse); di nuovi modelli organizzativi (per adattarsi a una realtà molto fluida e complessa, superando i modelli gerarchici e militari)
Sono le comunità a dare forza alla democrazia, e l’Ufficio Immaginazione Civica nasce per ritrovare questo legame originario.
Ho scritto un libro per descrivere i processi di partecipazione che non restano sulla carta ma si fanno storie individuali, traiettorie di vita, cambiamenti visibili e misurabili. Spiegando quali strumenti abbiamo utilizzato, dai social media, ai volantini, al passaparola; ricostruendo come sono nate le prime assemblee e quali sono stati gli errori commessi. Ma racconta anche di come si organizza l’immaginazione civica: il disegno delle diverse fasi progettuali, la gestione dell’allineamento interno, la costruzione delle alleanze, l’individuazione di soluzioni condivise e, infine, l’esecuzione.
Ho scritto un libro non per costruire un modello da copiare, o di presentare un metodo replicabile meccanicamente. L’idea è condividere una mentalità e delle aspirazioni che si sono tradotte in un approccio, in indicazioni operative per attivare collaborazione e prossimità relazionale all’interno di grandi e piccole organizzazioni complesse, per creare alleanze tra comunità, per favorire decisioni condivise, per salvare, rinforzare, formare l’immaginazione e ricreare fiducia.
L’immaginazione civica non è un “algoritmo” applicabile indifferentemente a ogni contesto: è un modo di concepire la politica e la democrazia, e di costruirle. Non ha bisogno di essere adottata burocraticamente, ma richiede di essere sentita, vissuta, e diffusa. Perché solo a partire dall’immaginazione di tutti e tutte è possibile pensare il cambiamento che può rimodellare il nostro vivere insieme.
Per tutto questo ho scritto un libro. Questo.