L’innovazione va spiegata, con pazienza, cercando di essere il più possibili inclusivi.
Di fronte ai cambi dirompenti dei media, quanti sono realmente consapevoli delle potenzialità?
Sopratutto considerando il panorama economico italiano ed europeo, in gran parte formato da piccole e medie imprese, come professionista del mondo della comunicazione, credo sia doveroso fare un passo indietro.
Da una parte i 19 milioni di utenti italiani su facebook ma è evidente la necessità di pensiero critico e progettualità.
Si parla di media sociali, cioè mezzi di comunicazione usati da persone che parlano, si scambiano informazioni e sempre più spesso accedono a servizi: ma, su facebook come sulla intranet aziendale, è la collaborazione possibile ad essere nodo.
Ma manca la cultura necessaria, o comunque sento l’esigenza di diffonderla.
Mentre la vecchia Rete era fatta di siti web, di click e di occhi puntati sul monitor, la nuova Rete è fatta di comunità, di partecipazione e di peering.
(Don Tapscott, Anthony D. Williams, 2007)
E’ stato lanciato mercoledì scorso, si chiama Net To Net, ed è un workshop formativo sul mondo digitale, sulla comunicazione e il marketing sui media digitali, dalla intranet ai social network, dalla comunicazione alla conversazione, dai media alle persone.
Certo, si tratta di una pillola, ma è solo attraverso una sospensione dei tempi tipici del mercato che credo si possa creare la base per una nuova idea di competitività sostenibile. Per tutti.
Non è la prima volta che parlo di formazione: la mia esperienza all’Università di Bologna punta infatti a formare gli studenti di comunicazione ad un uso consapevole dei social media.
L’esempio di questo articolo di Dino Amenduni è lampante: in termini inclusivi, di facile compresione ma senza tralasciare un’acuta analisi, racconta il ruolo di twitter nelle recenti elezioni politiche milanesi. Ma purtroppo è un esempio più unico che raro.
Poi, non posso non citare il recente progetto Google e Boston Consulting Group: fattore internet, fin dal nome, punta evidentemente a diffondere un nuovo approccio al mercato in cui il web diventa sempre più nodo. I dati disponibili sul sito web sono molto interessanti ma si tratta di un azione che deve essere accompagnata da un movimento più vasto per evitare ciò che viene chiamato knowledge divide, cioè un divario di conoscenza nel’uso del web.
Per questo, quando mi è stato chiesto di proporre idee per un nuovo modo di proporre business, ho pensato a questo nuovo format, pensato proprio per formare al mondo digitale.
Con la massima umiltà, l’idea è di fare un passo indietro.
Su questo asse, si basa la mia recente collaborazione con Dr O-One, agenzia che più di altre ha dimostrato sensibilità e preparazione, oltre che un certo approccio etico, nel fare business su web.
Conoscete altre agenzie che hanno organizzato eventi dedicati agli utenti? Vedi alla voce User Camp.
Se la comunicazione è un insieme di strumenti che vanno adagiati su il messaggio che si deve diffondere, è solo attraverso una compresione reciproca tra agenzie di comunicazione e aziende, che si crea una dinamica win win, cioè vincente per entrambe.
Questo è l’immagine di Net to Net:
Vi piace?
Fin dall’immagine, l’obiettivo, non senza un filo di ironia, è evidente.
La tecnologia ha cambiato il modo di lavorare: basta pensare all’uso massiccio delle mail ma quanti manager capiscono la reale utilità di passare alla conversazione con il proprio target che diventa community?Pochi.
Quanti manager danno per scontato che il valore di facebook ricada nella rincorsa ai fan senza nessuna rilevanza sul proprio business? Troppi.
Su questa frattura, nasce Net to Net: il proposito mi piace perchè parla di cultura e business e mette in gioco ciò che mi appassiona, la rete.
Poi c’è una grande provocazione perchè Net to Net è gratis.
Con evidente investimento da parte di Dr O-One e O-One, l’idea è di mettere perdiodicamente a disposizione parte del proprio staff, per raccontare le potenzialità del mondo digitale in modo diverso.
Perchè troppo spesso viene dimenticato che social network, tradotto in italiano, risulta essere, reti sociali e che la tecnologia, mai come ora, è alla portata di tutti. O quasi.
Sono i radar, i semafori, la forchetta, le automobili, le matite, il chip in silicio.
È l’uso del fuoco, è imparare a volare.
È, in definitiva, il rapporto contraddittorio, complesso e creativo dell’uomo con la natura”.
“La natura della tecnologia. Che cos’è e come evolve” di William Brian Arthur
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