Giusto venerdì al BTO, Iabichino rifletteva sulla richieste delle aziende per la comunicazione sui social media: molte si concentrano sul crisis management. (qui il thread del panel).
“E se mi arriva un brutto commento sulla pagina FB, cosa faccio”?
In un certo senso capisco i timori perchè “l’era del web 2.0 ha cambiato radicalmente la comunicazione e ha innescato un processo di mutamento senza ritorno nei sistemi di relazione…Non è qualcosa di generico perchè il web 2.0 è costituito da strumenti precisi: i nuovi tool a disposizione consentono, a volte anche in modo semplice, di stabilire vere relazioni bidirezionali travolgendo anche la “vecchia” comunicazione top down”.
La trasparenza può far paura se non gestita: le bugie cominciano ad avere le gambe corte vista la possibilità di conversazione con gli stakeholer, ponendo le basi per un CSR 2.0, un nuovo modo di raccontare la responsabilità sociale d’impresa.
Il sistema di comunicazione della Camera di Commercio Italo Slovacca (qui, qui e qui), di cui sono in parte responsabile, nasce da questo filone di studio sui cui Letizia Melchiorre sta costruendo la sua tesi di laurea assieme a Roberto Grandi, con il sottoscritto corelatore.
Il nodo? Il web 2.0 può essere strumento di governo e di trasparenza, andando oltre le attività di comunicazione.
Certo, anche nel 2.0 c’è il rischio green washing e fenomeni analoghi, ma la responsabilità sociale d’impresa, attraverso una rendicontazione delle attività in real time, può avere nuove possibilità.
In casi di buone pratiche realmente sociali e responsabili, i like, i commenti e le condivisioni virali e gratuite, godendo della partecipazione attiva dei consumer, diventano strumenti di comunicazione.
Non a caso si parla di prosumer, sorta di sentinelle pronte a dare valore ai brand. O a stroncarli.
Poter contare su una community attenta e vigile permette anche un monitoraggio costante delle proprie attività e della percezione del brand, con un certo tempismo.
Qui è evidente la possibilità che il social CRM e gli open data potrebbero dare.
Questo è il tema che in parte Guglielmo Apolloni, il designer con cui collaboro da oramai 3 anni, ha presentato al Master in Strategic Design, Design of the Value Offering, del Politecnico di Milano.
Di seguito trovate le slide che io e Guglielmo abbiamo confezionato: il punto di vista è quello del designer, ma è ben visibile anche il mio.
7 Responses
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E' proprio questo il punto, "la trasparenza è sempre di più la ricetta segreta per vincere in un mercato basato sull’influenza e l’empatia" (http://www.wired.com/wired/archive/15.04/wired40_ceo.html). Rendere il consumatore attore informato e proattivo che partecipa alla conversazione creata dall’azienda, risultando capace di decretarne o meno il successo, anche in termini di responsabilità verso l’esterno.
Questo anche alla luce della grande importanza che hanno assunto negli ultimi 15 anni le cosìddette "comunità di pratica", ovvero "gruppi di persone che condividono una preoccupazione o una passione per qualcosa ed imparano come fare a migliorare mentre interagiscono con regolarità".
Grazie Mic per per il post!
Approfitto per aggiungere che il design è progetto, è strategia, e anche la CSR può e deve essere progettata.
Questo è parte di quello che si insegna al Master in Design Strategico del Politecnico di Milano.
Il web 2.0 cambia il modo di progettare (open source, wiki, economia dei tools) rendendo tutti potenziali designer/progettisti/strateghi.
Dopo la presentazione con gli studenti abbiamo parlato molto di come il designer professionale debba cambiare per adeguarsi al contesto. Sicuramente flessibilità, sicuramente multitasking, sicuramente facilitatore, poi? cos'altro?
L'esperienza è stata occasione per diffondere un virus in aspiranti designer strategici (una definizione ossimoro – vd. intro). Ora terremo d'occhio questo virus per vedere come cambia e che effetti crea, grazie anche all'aiuto di Francesco Zurlo.
Ciao Michele…passavo da queste parte ed ho deciso di lasciare un commento a questo tuo interessantissimo post: complimenti!
Ale
Ciao Alessio e grazie per la visita…sul tema sto elaborando un bel pò di linee di sviluppo: una potrebbe andare verso quel progetto di cui mi hai parlato…
mic
Parliamo di CSR.
C’è stato un tempo in cui le aziende redigevano comunicati stampa, bilanci sociali, codici etici e bilanci di sostenibilità, all’interno di una coerente strategia di comunicazione, controllando saldamente il messaggio relativo al loro marchio, sia a livello simbolico che empatico.
Era il tempo della “scena”, costruita ad arte per ripulire l’immagine del brand e renderla perfettamente “responsabile” da un punto di vista etico e sociale.
Quei giorni sono passati.
Oggi i social media e il nuovo web 2.0 possono mostrarci il “retroscena”, ovvero svelare la realtà dei fatti soggiacente. Mediante il dialogo con il consumatore è possibile raccogliere i feedback e i reali comportamenti delle aziende. Assoluta trasparenza, senza esclusione di colpi, è la chiave.
Molto interessante la discussione sulla CRS 2.0. Certo, i rischi sono molti. E sicuramente il green washing è uno di questi.
A mio avviso la csr 2.0 dovrebbe andare ad aggiungersi ai mezzi tradizionali di dialogo con gli stakeholders. E’ cruciale il tema della comunicazione multilivello: pensare a strumenti di dialogo che vadano incontro a tutte le esigenze e a tutti i pubblici. Quindi carta e incontri pubblici possono essere ridimensionati (anche per una questione di sostenibilità ambientale ed economica) ma non sostituiti del tutto.
Grazie Fabrizio e Omar!
I vostri due commenti mi permettono di approfondire un paio di punti: da una parte, il web è l’ennesimo strumento e come tale non può essere la risposta a tutto. Va usato certamente ma non può essere esclusivo anche se vorrei vedere la distribuzione e i relativi costi dei vari bilanci sociali distribuiti in formato cartaceo…D’altro canto è evidente che la massa di persone che usano il web non è omogenea: esistono users molto evoluti mentre la maggioranza è ancora passiva, per non parlare del knowledge divide. Comunque il dado è tratto e i nuovi strumenti di dialogo che abbiamo a disposizione permettono, per la prima volta, una comunicazione many to many.